lunedì 28 marzo 2011
Il Pocho è un campione, ma l’avete visto?
28th, mar, 2011
Prima che il Gallo canti, io lo voglio dire: questo Pocho è proprio un campione! Signori, dico, ma lo avete visto? Lo avete visto correre, sudare, dribblare, inventare? Lo avete visto dare del tu al pallone? Dialogare in continuazione e trovarsi a memoria con Leo Messi, il più grande, il più forte, il numero uno… Prima che il Gallo canti, io lo voglio dire: il nostro Pocho oramai è maturo. Titolare della nazionale argentina, siede al tavolo dei grandi. Un campione tra i campioni. E gioca col Napoli, ce lo abbiamo noi! “Si, ma il Pocho non è concreto. Il Pocho non segna” canterebbe allora il Gallo. “Vero!” direi io. “Ma se fosse concreto, se segnasse pure, non sarebbe il Pocho!”. Se segnasse pure sarebbe il più grande, il più forte, il numero uno. Vestirebbe la maglia numero 10 e giocherebbe nel Barcellona. “Vabbuò” risponderebbe il Gallo parafrasando Troisi “a nuje ce ‘ressen a Leo Messi però, semp ‘na cosa ce guaragnamm!!!” Si può dire di no al Gallo, ma chi ha il coraggio di contraddire Troisi?
di Gianluca Maria Marino
venerdì 25 febbraio 2011
Ma qua moderazione, io mi sfogo per la mia libertà
21st, feb, 2011
Eh no, cari signori, non cominciate pure voi con ‘la moderazione negli interventi’, con ‘il rispetto per le opinioni’…Ma qua’ moderazione? Ma che rispetto??? La verità è che Lavezzi ha sbagliato, ma che la squalifica va contro il regolamento! PUNTO E BASTA!… E poi lo sanno tutti che i “poteri forti” determinano l’esito del campionato! Sono 80 anni che subiamo questa MAFIA, ed oggi, che finalmente si muove la giustizia, vorremmo metterlo in discussione??? E basta con ’sto moralismo di circostanza! Finiamola col controcorrentismo che fa sensazione e con questo buonismo ipocrita! Ne abbiamo piene le scatole. Non se ne può più! Oramai, ci alziamo la mattina con una sensazione di impotenza che ci toglie il respiro. Siamo tutti nervosi, frustrati, ipertesi. Siamo costretti a subire le angherie più indicibili edulcorate con le scuse più improbabili. La televisione ci provoca, ci surclassa, ci tortura. Un Presidente del Consiglio che trasforma un reato di concussione in un atto di grande lungimiranza diplomatica. Un cafone travestito da professore che cerca di convincerci che la prostituzione è un arte. Decine di deputati mercenari che si travestono da “responsabili” e, adesso, pure i giornalisti milanesi che, per confondere le acque, ci affibbiano la patente di “sputatori”, oltre che quella di “piagnoni storici”. Eh no, caro admin, non sono d’accordo! Questo non è campanilismo e nemmeno becera mentalità da stadio. Questa è INSOFFERENZA allo stato puro e la mollezza alla quale, ancora una volta, ci inducete presta soltanto il fianco a questi signori, li ringalluzzisce oltremodo, li autorizza garbatamente a prenderci per i fondelli (vedi l’ultima de IL MILANISTA)…e noi siamo troppo orgogliosi per farci beffeggiare, troppo intelligenti per farci fregare. Ci dite: “Se avessimo vinto a Verona…” e se invece ci avesse perso il Milan a Verona com’era giusto che fosse? Il risultato non sarebbe lo stesso?…Scusate ma il paragone, a me, sembra immediato: “…ma se la Sinistra…”. A me non me ne frega un tubo dello spirito autolesionista della Sinistra italiana. Io voglio essere libero di scegliere. Voglio recarmi a votare senza lo spettro di un’ANOMALIA, con le mie idee, certo, ma convinto che si faccia il bene del paese, destra o sinistra che sia. Io voglio un paese normale!…Voglio la libertà di battermi ad armi pari. La libertà di perdere contro il migliore. La libertà che garantisce il rispetto di un regolamento…e se questo non è possibile, almeno lasciatemi sfogare su ILNAPOLISTA, altrimenti, come non detto…il pallone è vostro, liberi di non giocare più!…
(di Gianluca Maria Marino)
martedì 2 novembre 2010
Lo strano vizio del mio amico Gino
ottobre 30th, 2010
Io il pallone pure lo guardo. Poco, ma lo guardo. Seguo tutte le partite del Napoli, perché sono di Napoli e proprio non lo so come si possa fare il tifo per un’altra squadra. Però non mi venite a parlare di stadio, di trasferte e allenamenti perché non fa per me. Io sono un tifoso pigro e come tale la partita me la vedo a casa, con l’aria climatizzata, il culo sul sofà ed il telecomando. E poi scusate, ma io proprio non la capisco tutta sta frenesia, tutta sta smania e tutto sto clamore. Ma veramente ci si può innamorare del pallone? Che poi uno che s’era innamorato io me lo ricordo. Un vecchio compagno mio di scuola, un bravo ragazzo. Solo con questo strano vizio del pallone. Tifosissimo del Napoli che non ci si poteva parlare, sapeva a memoria i nomi dei giocatori, aveva l’abbonamento in curva B e non si perdeva una partita. Ma quando arrivò Lui, la passione divenne tarlo, fobia, ossessione. Lo rincorreva prima e dopo gli allenamenti. Cercava di fermare la sua corsa, di farlo scendere dall’auto, di averlo ‘faccia a faccia’ così, una volta sola, per dichiarargli finalmente il suo amore. Un pò come Piquè e Ibrahimovic, ma meno tenero e molto, molto più passionale. Solo che quello di Gino, il mio amico, era un amore a senso unico e infatti finì subito, ancora prima di cominciare. Un giorno l’aspettava fuori dal cancello azzurro del Centro Paradiso, deciso a mettere fine alle sue sofferenze. Lui arrivò col suo Mercedes fiammante, i capelli appena lavati, i ricci vaporosi, la barba fatta, più bello che mai. Gino gli si parò davanti alla macchina, pronto a tutto. “Diego, Diego” comincio ad urlare. Lui fece per ripartire. “Diego, Diego” e la voce era accompagnata dai pugni sul cofano della Mercedes. “Diego, Diego!” e ancora pugni… E finalmente Lui si fermò, abbassò il finestrino, puntò i suoi grandi occhi neri in quelli di Gino che quasi si scioglieva e disse: “Hijo de Puta!”. “Diego, Diè…, Diego a b….’e mammeta!”, rispose Gino colto di sorpresa. Da quel giorno, il mio amico, disertò lo stadio e il centro Paradiso. Un mio cugino di Roma giurò di averlo visto, qualche tempo dopo, a bordo di una cabriolet di lusso in giro per Trigoria, felice come una Pasqua, al fianco di un giovanotto biondo e riccioluto che i passanti chiamavano Falcòn.
(Gianluca Maria Marino per "Ho visto Maradona -
Un tributo creativo-letterario")
mercoledì 6 ottobre 2010
Mio fratello è figlio unico...due volte l'anno...
La testa alta ed un sorriso tipo durbans sulle labbra. Niente volgarità, niente sfottò nè gesti irriverenti. Però, che classe sti Napolisti in trasferta. Che lezione di stile, che sobrietà, che gusto. Mi sono detto: “Non esiste Gianlù, ti devi allineare! Non puoi essere da meno”. Dice: “Ma tu che centri? Mica sei fuori? Mica ti hanno esiliato nella capitale?”. Ma quale esilio? Ma di che Roma parli? La verità è che sono perseguitato in casa da trent'anni! Deriso, provocato, umiliato, oppresso e molestato da un fratello di provata fede giallorossa. Un lupacchiotto di vecchia data. Un napoletano romanista. Un burinaccio di acquisizione. Uno che prima tifa Roma e poi odia Napoli. Un antinapolista per eccellenza e ho detto tutto. Ma non ho resistito. Ho ceduto quasi subito alla mia sete di vendetta e l'ho telefonato, senza aspettare il tempo che lo facesse lui. Gli dico: “Pronto Frà?”. “Ma chi è?” fa lui. “Come chi è? So' tuo fratello!”. “Marcello chi?”. “Ma qua' Marcello, TUO FRATELLO!”. “Uè Gianlù, ti sento male! Ti chiamo dopo io!”. E così ho atteso invano tutto il pomeriggio che mi richiamasse . Poi verso sera, ma tardi che avevo quasi spento il cellulare, mi arriva questo striminzito messaggino: “Il primo tempo siamo stati superiori. Poi la partita l’ha persa l’allenatore. A Roma sarà tutta un'altra storia!”. "M'ha fatto!" penso là per là "Neanche lo sfizio di infierire!". Poi a mente fredda ci ragiono: "Sai che goduria batterli all'Olimpico?".
Metto in memoria l'SMS e c'è mio padre che mi guarda sulla porta: "Ancora sveglio, ancora co' sto cellulare?". "Non preoccuparti Pà, stanotte dorme tranquillo!". Sento i suoi passi allontanarsi in corridoio e anch'io sorrido. Chissà se avrà capito l'allusione. La sua Inter ha appena steccato in casa con la Vecchia Signora. La classifica ci vede culo e camicia con la "detentrice".
Spengo la luce. La testa sul cuscino...Il bello deve ancora venire...
(di Gianluca Maria Marino)
mercoledì 29 settembre 2010
"The show must go on"
28th, set, 2010
“The show must go on!” Hai voglia di stare a lambiccarti il cervello, tipo: “Fermate la giostra, bucate il pallone!”. E anche: “Macché, è tutto grasso che cola!”. E così mentre qualcuno è già cotto alla quinta, qualcun altro se ne sta in poltrona ad aspettare l’ennesimo fischio d’inizio. E chi se ne frega se i calciatori arrancano, gli scommettitori inventano e i Napolisti non si raccapezzano più. “The show must go on!” cantano i presidenti mentre gongolano e si fregano le mani di giorno e di notte studiano l’ultima alchimia per scongiurare un’ improbabile crisi da rigetto, che tanto si sa di calcio non è mai morto nessuno. E siccome alla fine il fine giustifica i mezzi, qualsiasi diavoleria è concessa purché ci incolli dinanzi ad uno schermo piatto o al seggiolino lurido e traballante di una tribuna. E succede che, a guardare bene, è proprio un’aquila quella che sorvola il cielo dell’Olimpico. Un’ aquila in penne ed ossa che fa il giro e torna indietro. Come al circo. E come il circo, pure il mondo del calcio ha i suoi pagliacci. Ad ogni squadra il suo…Meno male che Fechella è morto da un pezzo, sennò sai quante umiliazioni per il povero Ciuccio convalescente!…
di Gianluca Maria Marino
giovedì 23 settembre 2010
Vita, ciorta e miracoli di Byron Moreno
23nd, set, 2010
E chi lo ha detto che un esportatore di eroina debba per forza essere un arbitro corrotto? E’ giusto. Ma voi designereste “direttore di gara” uno che ha marchiato così pacchianamente la sua fedina penale? Che poi il mestiere di arbitro già non si addice a un tipo con il fisico del Sergente Garcya e l’acconciatura alla Nembo Kid. Lo sguardo da pesce lesso e l’espressione ebete del piu’ alto dei Fratelli Dalton. A parte la tenuta atletica, ma cacchio pure l’occhio vuole la sua parte. E allora quanti sensi dobbiamo scomodare prima di arrenderci serenamente alla realtà dei fatti? Un mondiale sconcertante quello del 2002 e non soltano per i nostri colori. In pochi giorni fece ricredere gli spagnoli che già ci avevano bollati come piagnoni. Un ritorno meschino in patria, dove per aggiustare un risultato non esitò a decretare tredici minuti di recupero, il tutto per favorire la squadra della città nella quale si era candidato. Non fu eletto naturalmente, ma quella bravata gli costò un’inchiesta della Federazione e successivamente la radiazione. "Meno male che ero io quello corrotto" ci sbeffeggiò Lord Byron all’indomani del caso Calciopoli. E ancora: “Se volete vengo in Italia ad arbitrare...", prima che qualche volpone nostrano gli offrisse decine di migliaia di dollari della nostra televisione pubblica, affinché venisse in Italia a fare l’idiota in mezzo alle immancabili ballerine. Poi il viaggio in America. Un’idea stramba. Sei chilogrammi di eroina nelle mutande e quell’espressione, sempre la stessa, per cercare di giustificarsi: “Avevo un appuntamento galante” pare abbia detto ai doganieri americani “Non volevo fare brutta figura!”.
di Gianluca Maria Marino
giovedì 2 settembre 2010
A proposito di speranza
Sosa e Yebda, il prezzo della scommessa Napoli
2nd, set, 2010
Restiamo, dunque, aggrappati a una speranza. Così ci suggerisce pure il buon Carafa. E la speranza, si sa, è l’ultima a morire. Quella dei tifosi, poi, muore un attimo dopo. E quanto a quella dei napoletani, forse, nemmeno muore, perché fa parte della tradizione, delle informazioni genetiche che si tramandano di generazione in generazione. Nella fattispecie la speranza si regge su due nomi. Uno, piuttosto semplice e familiare, che ci riesce già rassicurante. L’altro, di una scaglia più complicato, dal suono esotico e misterioso, che ci solletica la curiosità. Sosa e Yebda sono la chiave di lettura dell’intera campagna acquisti del calcio Napoli, ma non solo. Sono il rischio che comporta l’investimento. Il prezzo della scommessa. I perni stessi intorno ai quali ruota l’intera stagione degli azzurri. Cavani? Sarà la punta di diamante. La prima donna. Il cecchino infallibile. Ma tutto questo, perdonatemi la presunzione, è già una splendida certezza. Il mistero, invece, si svela attorno a quei due. Saranno la tessera che completa il mosaico o la goccia che fa traboccare il vaso? La ciliegina sulla torta o l’ultima carta che si tira giù il castello? Staremo a vedere. Intanto, ingoiamo il rospo e…speriamo bene. Però attenzione Presidente! Parli chiaro. Da noi si dice: “Chi vive sperando, muore disperato”. Non so lei, ma per noi avremmo immaginato tutt’altra fine.
di Gianluca Maria Marino
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