martedì 13 luglio 2010
"The winner is..."
12th, lug, 2010
Prima di tutto doveva essere il mondiale del Brasile, la riscossa della “Seleção pentacampeón”, una squadra stellare in grado di vincerle tutte, di lasciare agli altri le briciole e a noi la mera cronaca di una vittoria annunciata. E’ finita con l’esonero del “Cucciolo”, gli insulti dei tifosi a Felipe Melo e la performance di Julio Cesar che interpreta Robertino nella scena cult in cui scoppia a piangere da mammina. Immagini raccapriccianti che mai avremmo voluto vedere. Poteva essere il mondiale della corazzata inglese agli ordini dell’italianissimo Capello. Poteva, ma non è stato. E’ finita con l’impeachment al “sergente di ferro” che nella migliore tradizione tricolore, dinanzi al più plateale dei fallimenti, ha dignitosamente, orgogliosamente e disinteressatamente rifiutato le dimissioni. Avremmo voluto diventasse il mondiale di Diego, della sua personalissima rivincita, umana prima e sportiva poi. L’avremmo voluto in tanti, noi inguaribili romantici abituati ad andare lì dove ci porta il cuore. Ma quanti in realtà ci hanno creduto fino in fondo? Quanti ci avrebbero scommesso?…e quanti altri, invece, erano pronti a sparare sulla croce rossa dopo averlo deriso, osservato, osannato e poi abbandonato? Non doveva essere, ma se invece fosse stato ancora il mondiale di Lippi e della sua Italjuve? Sarebbe entrato nella storia. Avrebbe uguagliato il mito di Pozzo e i cinque tituli del Brasile, costretto la federazione a rivedere la patch sulla maglia e noi, critici senza riconoscenza, giù dal carro della festa, a elemosinare immagini e dichiarazioni, a vedere ma non toccare. Fantascienza. Troppo presto abbiamo riposto gli occhialini 3D e gettato all’aria il secchiello coi popcorn. Troppo scontato il finale: non doveva succedere, non è successo. Infine, abbiamo visto salire e poi crollare le quotazioni delle squadre africane. Ci siamo quasi rassegnati all’ennesimo trionfo sudamericano e poi stupiti di fronte alla riscossa del vecchio continente, in questo assurdo giochino di affibbiare a tutti i costi una connotazione geografica al gioco del pallone. Insomma, in un tripudio di pronostici, presentimenti e illustri opinioni, ognuno ha immaginato il suo mondiale che, invece, mosso da un puntuale spirito di contraddizione, più andava avanti e più sembrava annientare certezze ed annullare differenze in campo, con buona pace degli estrosi scommettitori e degli appassionati di emozioni forti. Ma allora, a poche ore dalla finalissima, ci sarà pure un vincitore morale di questa entusiasmante, caotica e bizzarra edizione africana del campionato mondiale di calcio?
di Gianluca Maria Marino
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