Hamsik e i tifosi scintille per la macchina
7th, mag, 2010
L’affetto spesso travolge. Talvolta dà fastidio. E se arriva a mettere in pericolo l’incolumità della tua macchina, allora fa addirittura arrabbiare. Erano in trecento all’esterno di Castelvolturno per salutare gli azzurri al termine degli allenamenti. Tutti disponibili gli azzurri. Uno, due, tre, quattro autografi, poi finestrino alzato e via. Fin quando non sono arrivati i big. E qui la gente ha cominciato a perdere la testa, a esagerare, perché è volato anche qualche calcio alle macchine che non si fermavano o che partivano dopo poco che si erano fermate. Qualcuno ha colpito anche la macchina di Hamsik che ha affrontato a muso duro i tifosi che attorniavano la vettura prendendo anche il giusto per il peccatore. Minuti di tensione, poi fortunatamente tutto è andato liscio.
L’affetto spesso travolge. Talvolta dà fastidio. E se arriva a mettere in pericolo l’incolumità della tua macchina, allora fa addirittura arrabbiare. Erano in trecento all’esterno di Castelvolturno per salutare gli azzurri al termine degli allenamenti. Tutti disponibili gli azzurri. Uno, due, tre, quattro autografi, poi finestrino alzato e via. Fin quando non sono arrivati i big. E qui la gente ha cominciato a perdere la testa, a esagerare, perché è volato anche qualche calcio alle macchine che non si fermavano o che partivano dopo poco che si erano fermate. Qualcuno ha colpito anche la macchina di Hamsik che ha affrontato a muso duro i tifosi che attorniavano la vettura prendendo anche il giusto per il peccatore. Minuti di tensione, poi fortunatamente tutto è andato liscio.
da Il Napolista
Gianluca Maria Marino
RispondiEliminamaggio 7th, 2010
Succede spesso. Succedeva anche a Lui. Ed una volta successe per colpa di un amico mio. Un bravo ragazzo di Fuorigrotta con una passione irrefrenabile per il Napoli. Un Napolista, insomma. Gino non si perdeva una partita ed a Soccavo, al centro Paradiso, era di casa. Ma quando arrivò Lui, la passione divenne ossessione. Lo rincorreva prima e dopo gli allenamenti. Cercava di fermare la sua corsa, di farlo scendere dall’auto, di averlo ‘faccia a faccia’ così, una volta sola, per dichiarargli finalmente il suo amore. Un pò come Piquè e Ibrahimovic, ma meno tenero e molto, molto più passionale. Solo che quello di Gino era un amore a senso unico e infatti finì subito, ancora prima di cominciare. Un giorno l’aspettava fuori al cancello blu del Paradiso, deciso a mettere fine alle sue sofferenze. Lui arrivò col suo Mercedes fiammante, i capelli appena lavati, i ricci vaporosi, la barba fatta, più bello che mai. Gino gli si parò davanti alla macchina, pronto a tutto. “Diego, Diego” comincio ad urlare. Lui fece per ripartire. “Diego, Diego” e la voce era accompagnata dai pugni sul cofano della Mercedes. “Diego, Diego!” e ancora pugni… E finalmente Lui si fermò, abbassò il finestrino, puntò i suoi grandi occhi neri in quelli di Gino che quasi si scioglieva e disse: “Hijo de Puta!”. “Diego, Diè…, Diego a b….è mammeta!”, rispose Gino colto di sorpresa. Da quel giorno, il mio amico, disertò lo stadio e il centro Paradiso. Un mio cugino di Roma giurò di averlo visto, qualche tempo dopo, a bordo di una cabriolet di lusso in giro per Trigoria, felice come una Pasqua, al fianco di un giovanotto biondo e riccioluto e che i passanti chiamavano Falcòn.